LA CLASSE OPERAIA VA IN PARADISO

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L’operaio Lulù Massa, 31 anni, nella fabbrica è il cottimista su cui tutti debbono basare i tempi di produzione. Per il suo stakanovismo è osteggiato dai compagni di lavoro
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L’operaio Lulù Massa, 31 anni, nella fabbrica è il cottimista su cui tutti debbono basare i tempi di produzione. Per il suo stakanovismo è osteggiato dai compagni di lavoro ed amato dai dirigenti. Fino a quando non perde un dito nella macchina a cui è addetto e il suo modo di guardare al mondo della produzione muta radicalmente, al punto di diventare un simbolo delle lotte operaie.
1972. Al Festival di Cannes la Palma d’Oro viene assegnata ex aequo a Il caso Mattei di Francesco Rosi e a La classe operaia va in Paradiso di Elio Petri. Entrambi i film hanno come attore protagonista, in due ruoli distanti anni luce l’uno dall’altro, Gian Maria Volonté.
Il quale, in un breve arco temporale, era stato il protagonista di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e Vanzetti in Sacco e Vanzetti. Se non ci fossero altri motivi (e ce ne sono) per ri/visitare questo film la sua interpretazione (anch’essa premiata a Cannes) sarebbe più che sufficiente. Non solo per la mimetica immedesimazione nel personaggio ma anche e soprattutto per la pietas (nel senso più alto del termine) nei confronti della sua condizione socio-culturale che intride ogni suo gesto ed espressione.
Collocato negli anni più caldi delle lotte operaie e costruito sulla base di incontri con i lavoratori (in particolare i cottimisti) il film finì con il dispiacere a tutti quelli (ed erano tanti) che indossavano gli occhiali dell’ideologia. Per ovvi motivi non poteva piacere alle destre e per meno ovvi motivi (se si fossero dati la briga di guardare in profondità avrebbero espresso valutazioni diverse) alle sinistre. A quella sindacale perché rappresentata come troppo timorosa e a quella extraparlamentare e studentesca perché vista come velleitaria.
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(by MYMOVIE.it)
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